Verso fine '800 si andava sviluppando negli Stati Uniti il cosiddetto American System. Si iniziò a puntare, in un contesto di produzione di serie, sulle parti intercambiabili grazie alla manifattura di precisione: era cosi possibile la standardizzazione dei pezzi. Le operazioni di montaggio risultarono così semplificate e furono ridotti i tempi di produzione.
A tali cambiamenti si accompagnavano atteggiamenti critici nei confronti delle tradizionali organizzazione degli impianti. In questo clima di mutamenti venne favorita la ricerca di una metodologia scientifica da applicare all'organizzazione dei fattori di produzione.
A tali cambiamenti si accompagnavano atteggiamenti critici nei confronti delle tradizionali organizzazione degli impianti. In questo clima di mutamenti venne favorita la ricerca di una metodologia scientifica da applicare all'organizzazione dei fattori di produzione.
F. W. Taylor, tra la fine del XIX e l'inizio del XX sec., sperimentò nell'acciaieria di cui era direttore nuovi metodi organizzativi. Egli aveva infatti notato che ogni operaio seguiva un metodo proprio; Taylor, invece, sosteneva la possibilità di individuare la one best way: il modo migliore a cui tutti gli operai dovevano attenersi.
Tale metodo ottimale poteva essere individuato grazie all'analisi sistematica dei tempi e delle modalità di un determinato lavoro, osservando tutti i gesti che venivano fatti per poter distinguere quelli utili da quelli inutili. Bisognava inoltre individuare i tempi in cui un operaio era inattivo in attesa che i macchinari tornassero operativi (i cosiddetti tempi morti). Attraverso il cronometraggio, infine, si doveva individuare il tempo necessario per lo svolgimento di un lavoro e, sulla base del risultato, modellare la tariffa a cottimo (il salario da corrispondere per ogni unità di lavoro).
L'osservazione delle varie fasi doveva anche condurre alla loro netta scomposizione, per poter delineare le differenti mansioni; queste ultime da complesse diventavano semplici e monotone, così da non dover più richiedere manodopera altamente specializzata.
La differenziazione delle mansioni portò ad altri mutamenti, fino ad arrivare alla catena di montaggio, introdotta negli stabilimenti della Ford alla vigilia della Grande Guerra.
Il modello T, l'unica autovettura della Ford, poté così essere prodotto con costi di produzione nettamente minori a quelli dei sistemi di fabbrica precedenti; di conseguenza le modello T potevano essere offerte sul mercato a prezzi più accessibili. La catena di montaggio divenne il mezzo per la produzione di massa, del consumismo, dei prezzi vantaggiosi e delle economie di scala.
Il dazio maggiore dell'introduzione del fordismo lo pagarono gli operai da un punto di vista psicologico: il lavoro era ora ripetitivo, monotono, noioso e logorante (come mostra molto bene il film “Tempi moderni” di Charlie Chaplin). L'operaio non aveva più connotazioni artigianali che gli permettevano di vedere nel prodotto il risultato della sua creatività e abilità. Il lavoratore era diventato simile a una macchina sui generis. Così aumentava l'insoddisfazione spirituale dei lavoratori e, conseguentemente, si diffuse l'assenteismo e la fuga verso occupazioni migliori.
Inizialmente la soluzione fu trovata da Ford nell'aumento dei salari (che permettessero ai lavoratori di divenire consumatori di ciò che producevano). Sicuramente migliori condizioni retributive aiutarono ma, fortunatamente, nel corso del tempo si sono sviluppati atteggiamenti tesi a migliorare i luoghi di lavoro, al fine di renderli più accoglienti e più vivibili, anche da un punto di vista umano e non esclusivamente materialistico-economico.
Tale metodo ottimale poteva essere individuato grazie all'analisi sistematica dei tempi e delle modalità di un determinato lavoro, osservando tutti i gesti che venivano fatti per poter distinguere quelli utili da quelli inutili. Bisognava inoltre individuare i tempi in cui un operaio era inattivo in attesa che i macchinari tornassero operativi (i cosiddetti tempi morti). Attraverso il cronometraggio, infine, si doveva individuare il tempo necessario per lo svolgimento di un lavoro e, sulla base del risultato, modellare la tariffa a cottimo (il salario da corrispondere per ogni unità di lavoro).
L'osservazione delle varie fasi doveva anche condurre alla loro netta scomposizione, per poter delineare le differenti mansioni; queste ultime da complesse diventavano semplici e monotone, così da non dover più richiedere manodopera altamente specializzata.
La differenziazione delle mansioni portò ad altri mutamenti, fino ad arrivare alla catena di montaggio, introdotta negli stabilimenti della Ford alla vigilia della Grande Guerra.
Il modello T, l'unica autovettura della Ford, poté così essere prodotto con costi di produzione nettamente minori a quelli dei sistemi di fabbrica precedenti; di conseguenza le modello T potevano essere offerte sul mercato a prezzi più accessibili. La catena di montaggio divenne il mezzo per la produzione di massa, del consumismo, dei prezzi vantaggiosi e delle economie di scala.
Il dazio maggiore dell'introduzione del fordismo lo pagarono gli operai da un punto di vista psicologico: il lavoro era ora ripetitivo, monotono, noioso e logorante (come mostra molto bene il film “Tempi moderni” di Charlie Chaplin). L'operaio non aveva più connotazioni artigianali che gli permettevano di vedere nel prodotto il risultato della sua creatività e abilità. Il lavoratore era diventato simile a una macchina sui generis. Così aumentava l'insoddisfazione spirituale dei lavoratori e, conseguentemente, si diffuse l'assenteismo e la fuga verso occupazioni migliori.
Inizialmente la soluzione fu trovata da Ford nell'aumento dei salari (che permettessero ai lavoratori di divenire consumatori di ciò che producevano). Sicuramente migliori condizioni retributive aiutarono ma, fortunatamente, nel corso del tempo si sono sviluppati atteggiamenti tesi a migliorare i luoghi di lavoro, al fine di renderli più accoglienti e più vivibili, anche da un punto di vista umano e non esclusivamente materialistico-economico.