Il signoraggio(1), che pure caratterizza i nostri moderni sistemi bancari, affonda le sue radici molto lontano, nell'Europa del Medioevo. Ogni popolano poteva infatti recarsi con un pezzo d'oro o con un metallo prezioso alla Zecca e farlo coniare, trasformandolo in moneta (a Firenze, per esempio, l'attività della Zecca iniziò probabilmente nella prima metà del XIII sec. quando, nel 1237, per la prima volta fu emesso il fiorino grosso d'argento).
Le immagini e le scritte impresse sul metallo, dette conio, erano un marchio di garanzia del “signore” sul titolo e sul peso di quella moneta, e quindi ne giustificavano il valore. Tale servizio veniva pagato lasciando una quota d'oro nelle casse pubbliche. Questo era appunto chiamato diritto di signoraggio.
Normalmente, il signoraggio sarebbe dovuto consistere nel trattenimento di una piccola quota, garantendo entrate modeste nelle casse pubbliche. Tuttavia quando le finanze dello “Stato” si trovavano in difficoltà, era frequente l'abuso di tale diritto. Così poteva innescarsi un meccanismo vizioso: se non si riusciva ad ottenere sufficienti entrate dalle imposte, si iniziava a coniare moneta (anche con percentuali inferiori di metallo prezioso) in maniera indiscriminata. Le nuove monete si sommavano alle vecchie, senza però un aumento reale dei beni prodotti, generando così un aumento generale dei prezzi: l'inflazione. È interessante, in merito a tale fenomeno, riportare la precisazione che fa la Banca d'Italia: “Va peraltro chiarito, al riguardo, che l'inflazione non nasce perché le monete hanno un minore contenuto aureo, ma perché sono emesse in quantità eccessiva rispetto alla produzione di beni. L'importante non è che la moneta abbia un valore intrinseco, un contenuto d'oro o d'argento, ma che sia mantenuta una proporzione stabile fra il valore della massa monetaria e il valore dei beni prodotti dall'economia (tanto è vero che la famosa "rivoluzione dei prezzi" che investì l'Europa nel Cinquecento fu causata dall'afflusso dall'America di oro e d'argento, cioè di moneta buona emessa dalla Spagna coloniale, non di moneta cattiva priva di contenuto intrinseco; semplicemente, le monete d'oro e d'argento erano in quantità eccessiva rispetto ai beni).”
Tra il XVIII e XIX sec. iniziò a diffondersi un elemento di enorme portata per il progresso: l'uso della carta moneta. Tale innovazione liberò il mondo dalla dipendenza di dover necessariamente ricercare grandi quantità d'oro e di argento. Uno strumento convenzionale come la carta moneta consentiva di poter concludere gli scambi altrettanto bene come succedeva con la moneta metallica.
Con tale cambiamento si aprirono nuove prospettive per il signoraggio: era infatti possibile imporre una valore arbitrario alla carta moneta (che quindi avrebbe potuto essere distorto, eccessivamente alto o basso). Nel corso della storia vi furono numerosi casi di abuso. Uno dei più eclatanti fu quello degli assignat durante la Rivoluzione francese; tra il 1790 e il 1796 ne furono emessi a valanga per mantenere lo Stato francese, generando così un'inflazione intorno al 10.000 per cento.
Questi abusi avevano una natura intimamente politica, così nacque il pensiero che il diritto di emissione di moneta dovesse essere sottratto ai Governi in favore di enti indipendenti; insomma bisognava creare delle isole di tecnocrazia all'interno del sistema economico. Furono le banche private, inizialmente, a vedersi conferita l'attività di emissione di moneta, ma solo per concessione. Esse dovevano operare all'interno di determinati obblighi, per esempio di garantire la convertibilità dei propri biglietti in oro o argento secondo un tasso fissato dalla legge. Tuttavia anche questa soluzione non fu definitiva. Nel XX sec., al termine della Grande Guerra, si capì che l'obbligo di convertibilità, ideato per garantire valore alla moneta, aveva degli effetti negativi sulla stabilità economica; esso infatti necessitava di pesanti restrizioni monetarie in periodi di crisi, creando così le condizioni per un aggravarsi delle crisi stesse. Avvenne così un'ulteriore evoluzione di natura istituzionale: si decise di affidare l'emissione di moneta alle banche centrali.
Oggi, a conferire valore alle banconote, oltre alle leggi degli Stati (valore legale), è il lavoro svolto dalle banche centrali: esse hanno il compito di mantenere l'offerta di moneta commisurata alle necessità dell'economia. Le banche centrali hanno anche la funzione di controllare l'autenticità e l'integrità della moneta in circolazione.
(1)<<Per signoraggio viene comunemente inteso l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta. Per le banche centrali, il reddito da signoraggio può essere definito come il flusso di interessi generato dalle attività detenute in contropartita delle banconote (o, più generalmente, della base monetaria) in circolazione. Per l'Eurosistema, questo reddito è incluso nella definizione di "reddito monetario", che, secondo l'articolo 32.1 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea (BCE), è "Il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC">> (fonte Banca d'Italia)
Normalmente, il signoraggio sarebbe dovuto consistere nel trattenimento di una piccola quota, garantendo entrate modeste nelle casse pubbliche. Tuttavia quando le finanze dello “Stato” si trovavano in difficoltà, era frequente l'abuso di tale diritto. Così poteva innescarsi un meccanismo vizioso: se non si riusciva ad ottenere sufficienti entrate dalle imposte, si iniziava a coniare moneta (anche con percentuali inferiori di metallo prezioso) in maniera indiscriminata. Le nuove monete si sommavano alle vecchie, senza però un aumento reale dei beni prodotti, generando così un aumento generale dei prezzi: l'inflazione. È interessante, in merito a tale fenomeno, riportare la precisazione che fa la Banca d'Italia: “Va peraltro chiarito, al riguardo, che l'inflazione non nasce perché le monete hanno un minore contenuto aureo, ma perché sono emesse in quantità eccessiva rispetto alla produzione di beni. L'importante non è che la moneta abbia un valore intrinseco, un contenuto d'oro o d'argento, ma che sia mantenuta una proporzione stabile fra il valore della massa monetaria e il valore dei beni prodotti dall'economia (tanto è vero che la famosa "rivoluzione dei prezzi" che investì l'Europa nel Cinquecento fu causata dall'afflusso dall'America di oro e d'argento, cioè di moneta buona emessa dalla Spagna coloniale, non di moneta cattiva priva di contenuto intrinseco; semplicemente, le monete d'oro e d'argento erano in quantità eccessiva rispetto ai beni).”
Tra il XVIII e XIX sec. iniziò a diffondersi un elemento di enorme portata per il progresso: l'uso della carta moneta. Tale innovazione liberò il mondo dalla dipendenza di dover necessariamente ricercare grandi quantità d'oro e di argento. Uno strumento convenzionale come la carta moneta consentiva di poter concludere gli scambi altrettanto bene come succedeva con la moneta metallica.
Con tale cambiamento si aprirono nuove prospettive per il signoraggio: era infatti possibile imporre una valore arbitrario alla carta moneta (che quindi avrebbe potuto essere distorto, eccessivamente alto o basso). Nel corso della storia vi furono numerosi casi di abuso. Uno dei più eclatanti fu quello degli assignat durante la Rivoluzione francese; tra il 1790 e il 1796 ne furono emessi a valanga per mantenere lo Stato francese, generando così un'inflazione intorno al 10.000 per cento.
Questi abusi avevano una natura intimamente politica, così nacque il pensiero che il diritto di emissione di moneta dovesse essere sottratto ai Governi in favore di enti indipendenti; insomma bisognava creare delle isole di tecnocrazia all'interno del sistema economico. Furono le banche private, inizialmente, a vedersi conferita l'attività di emissione di moneta, ma solo per concessione. Esse dovevano operare all'interno di determinati obblighi, per esempio di garantire la convertibilità dei propri biglietti in oro o argento secondo un tasso fissato dalla legge. Tuttavia anche questa soluzione non fu definitiva. Nel XX sec., al termine della Grande Guerra, si capì che l'obbligo di convertibilità, ideato per garantire valore alla moneta, aveva degli effetti negativi sulla stabilità economica; esso infatti necessitava di pesanti restrizioni monetarie in periodi di crisi, creando così le condizioni per un aggravarsi delle crisi stesse. Avvenne così un'ulteriore evoluzione di natura istituzionale: si decise di affidare l'emissione di moneta alle banche centrali.
Oggi, a conferire valore alle banconote, oltre alle leggi degli Stati (valore legale), è il lavoro svolto dalle banche centrali: esse hanno il compito di mantenere l'offerta di moneta commisurata alle necessità dell'economia. Le banche centrali hanno anche la funzione di controllare l'autenticità e l'integrità della moneta in circolazione.
(1)<<Per signoraggio viene comunemente inteso l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta. Per le banche centrali, il reddito da signoraggio può essere definito come il flusso di interessi generato dalle attività detenute in contropartita delle banconote (o, più generalmente, della base monetaria) in circolazione. Per l'Eurosistema, questo reddito è incluso nella definizione di "reddito monetario", che, secondo l'articolo 32.1 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea (BCE), è "Il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria del SEBC">> (fonte Banca d'Italia)