Louis Renault era figlio di un mercante di stoffe e fabbricante di bottoni. Abbandonò il percorso educativo tipico della borghesia francese per dedicarsi allo studio del disegno industriale nell'istituto professionale di Diderot.
È nella Delaunay-Belleville, un'azienda produttrice di caldaie per macchine a vapore, che ebbe inizio la sua carriera. Successivamente passò al ramo automobilistico: nel 1898 costruì un'autovettura, la prima di Francia a trasmissione diretta.
Nel marzo dell'anno successivo Louis e i suoi fratelli fondarono la Société Renault. L'industria motoristica fu stimolata dalle pericolose gare automobilistiche che andavano diffondendosi; gare alle quali partecipava lo stesso Louis, conquistando notorietà per sé e per il suo marchio.
È nella Delaunay-Belleville, un'azienda produttrice di caldaie per macchine a vapore, che ebbe inizio la sua carriera. Successivamente passò al ramo automobilistico: nel 1898 costruì un'autovettura, la prima di Francia a trasmissione diretta.
Nel marzo dell'anno successivo Louis e i suoi fratelli fondarono la Société Renault. L'industria motoristica fu stimolata dalle pericolose gare automobilistiche che andavano diffondendosi; gare alle quali partecipava lo stesso Louis, conquistando notorietà per sé e per il suo marchio.
Nel 1906 ricevette un ordine di 1500 taxi e poté sperimentare la produzione su vasta scala. Nel 1914 l'industria Renault aveva oramai ampliato i suoi stabilimenti e possedeva l'equipaggiamento migliore di tutto il settore automobilistico francese.
Nel periodo bellico la Renault, grazie alla produzione di un carro armato leggero, poté espandersi. L'avvento della pace non frenò questo processo, e gli stabilimenti Reanult di Billancourt divennero i più grandi d'Europa.
Ogni volta che Louis doveva effettuare investimenti onerosi si guardava bene dal richiedere prestiti ai banchieri. Aveva infatti ereditato il conservatorismo finanziario tipico della borghesia di Francia, che lo faceva essere estremamente diffidente verso lo strumento del credito. Pagava in contanti tutto ciò che acquistava, e cosi poteva ottenere uno sconto del 3% dai fornitori.
Opposto fu l'atteggiamento di André Citroen, il quale non si dimostrò un abile meccanico. Figlio di un mercante di diamanti, ebbe un educazione borghese e si rivelò uno studente modello. Nel mondo del lavorò non entrò come dipendente, ma come imprenditore. Riuscì ad accumulare capitale e, nel 1908, riuscì a rilevare la Société d'Electricité et d'Automobiles Mors, una piccola fabbrica inefficiente. Inizialmente non puntò sulla produzione automobilistica, di cui poco comprendeva, ma preferì quella dei proiettili e delle munizioni. La Grande Guerra era infatti scoppiata, e l'ambizione di André gli fece intravedere una grossa possibilità di guadagno. Lo strumento del credito, a differenza di Renault, fu da lui sfruttato fino agli eccessi: si indebitò con ogni amico e conoscente; così cominciò la storia dello stabilimento di Quai de Javel.
Poi venne la pace, e ivi iniziarono a essere prodotte automobili. Nel 1919 fu realizzata la prima vera auto popolare francese: la A-1, leggera, comoda e poco dispendiosa per la manutenzione. Una novità importante introdotta da Citroen riguardava i prezzi: la A-1 fu venduta a 6950 franchi completa di tutti gli accessori. Gli ordini affluirono in grande quantità, sospinti anche dalla strategia pubblicitaria e di promozione messa in atto: la trovata più eclatante fu quella di affittare la torre Eiffel per poter porvi sopra il nome Citroen con lettere luminose.
André quello che voleva cercava di ottenerlo senza farsi troppi scrupoli di natura materiale né morale. Non esitò mai a pagare qualsiasi prezzo per l'oggetto del suo desiderio. Importante è ciò che scrive a tal riguardo David Landes: “i biografi descrivono Citroen come un uomo in lotta, continuamente in lotta, per tenersi a galla in un mare di obbligazioni, di effetti e di altri impegni finanziari; chiudeva ogni giorno il lavoro con la firma di cambiali”. Ma questo atteggiamento lo dovette scontare nel periodo della grande depressione: i creditori furono inflessibili, non gli concessero tempo ulteriore, e Andre perse il controllo della sua società.
Nel periodo bellico la Renault, grazie alla produzione di un carro armato leggero, poté espandersi. L'avvento della pace non frenò questo processo, e gli stabilimenti Reanult di Billancourt divennero i più grandi d'Europa.
Ogni volta che Louis doveva effettuare investimenti onerosi si guardava bene dal richiedere prestiti ai banchieri. Aveva infatti ereditato il conservatorismo finanziario tipico della borghesia di Francia, che lo faceva essere estremamente diffidente verso lo strumento del credito. Pagava in contanti tutto ciò che acquistava, e cosi poteva ottenere uno sconto del 3% dai fornitori.
Opposto fu l'atteggiamento di André Citroen, il quale non si dimostrò un abile meccanico. Figlio di un mercante di diamanti, ebbe un educazione borghese e si rivelò uno studente modello. Nel mondo del lavorò non entrò come dipendente, ma come imprenditore. Riuscì ad accumulare capitale e, nel 1908, riuscì a rilevare la Société d'Electricité et d'Automobiles Mors, una piccola fabbrica inefficiente. Inizialmente non puntò sulla produzione automobilistica, di cui poco comprendeva, ma preferì quella dei proiettili e delle munizioni. La Grande Guerra era infatti scoppiata, e l'ambizione di André gli fece intravedere una grossa possibilità di guadagno. Lo strumento del credito, a differenza di Renault, fu da lui sfruttato fino agli eccessi: si indebitò con ogni amico e conoscente; così cominciò la storia dello stabilimento di Quai de Javel.
Poi venne la pace, e ivi iniziarono a essere prodotte automobili. Nel 1919 fu realizzata la prima vera auto popolare francese: la A-1, leggera, comoda e poco dispendiosa per la manutenzione. Una novità importante introdotta da Citroen riguardava i prezzi: la A-1 fu venduta a 6950 franchi completa di tutti gli accessori. Gli ordini affluirono in grande quantità, sospinti anche dalla strategia pubblicitaria e di promozione messa in atto: la trovata più eclatante fu quella di affittare la torre Eiffel per poter porvi sopra il nome Citroen con lettere luminose.
André quello che voleva cercava di ottenerlo senza farsi troppi scrupoli di natura materiale né morale. Non esitò mai a pagare qualsiasi prezzo per l'oggetto del suo desiderio. Importante è ciò che scrive a tal riguardo David Landes: “i biografi descrivono Citroen come un uomo in lotta, continuamente in lotta, per tenersi a galla in un mare di obbligazioni, di effetti e di altri impegni finanziari; chiudeva ogni giorno il lavoro con la firma di cambiali”. Ma questo atteggiamento lo dovette scontare nel periodo della grande depressione: i creditori furono inflessibili, non gli concessero tempo ulteriore, e Andre perse il controllo della sua società.