Il Cancelliere dello Scacchiere Gladstone, a metà del XIX secolo, fece visita a Michael Faraday nel suo laboratorio. Il celebre scienziato, noto sopratutto per i suoi studi sull'elettricità e sul magnetismo, si vide posta dal Ministro delle Finanze la classica domanda: “Interessante, ma qual è il suo uso pratico?”. La risposta fu molto intelligente: “Al momento non saprei, sir, ma è assai probabile che in futuro ci metterete una tassa sopra!”. Questo è l'aneddoto riportato da Rolf-Dieter Heuer, direttore del Cern di Ginevra, nel suo interessante articolo pubblicato sul Corriere della Sera. Il senso del racconto è quello di ricordarci il valore della ricerca che, seppur possa sembrare inconcludente agli inizi, nel lungo termine può condurre a risultati pratici straordinari.
Nel corso della storia la lungimiranza delle persone come Faraday è stata un motore propulsivo eccezionale per il progresso.
Scrive bene il direttore Heuer: “Sarebbe impensabile oggi negare l'impatto decisivo che le grandi rivoluzioni scientifiche occorse tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento hanno prodotto sulla nostra attuale qualità della vita[...]”. Pensiamo infatti a cosa hanno significato per la storia dell'industria invenzioni come il motore a vapore, la navetta volante di Kay o il filatoio di Wyatt e Paul. Eppure per la loro applicazione e affermazione ci è voluto del tempo.
Oggigiorno, quando sentiamo parlare di tagli, una delle prime parole che ci viene alla mente è proprio <<ricerca>>, settore su cui cade l'accetta con molta facilità. Per carità, non cadiamo nella facile demagogia: la ricerca è importantissima, ma per sostenerla servono fondi e una finanza sana. Tuttavia a questa realtà ineludibile bisogna accostargli un'altra importante realtà: i tagli alla ricerca non sono semplici tagli alla spesa corrente, ma bensì tagli ad un investimento chiamato futuro. Non bisogna mai sentirsi arrivati, perché non c'è un punto in cui si taglia il traguardo, a meno che non si parli in senso escatologico.
Insomma: non esiste l'invenzione ultima. È illuminante il ragionamento del direttore Heuer, il quale scrive che “ogni tecnologia ha un periodo di crescita temporalmente limitato, che la porta inevitabilmente a una saturazione, condannando dapprima allo stallo e poi al declino una società che non ricerchi costantemente i cambiamenti di paradigma e l'innovazione. Per dirla in maniera semplice: se siete capaci a fabbricare candele, farete candele sempre più sofisticate, ma non sarete mai in grado di concepire una lampadina elettrica. Tra la candela e la lampadina c'è un cambiamento di paradigma, nel caso specifico la teoria dell'elettromagnetismo.”
Il mondo è in continuo divenire; e se una civiltà perde il valore della ricerca, che la fa avanzare insieme al mondo, è destinata a essere sorpassata, a decadere. Invece la curiosità, la sete di conoscenza, accompagnate da un buon metodo di ricerca, sono fondamentali per il futuro. Per un avvenire migliore basterebbe ricordarsi più spesso di Dante: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
Scrive bene il direttore Heuer: “Sarebbe impensabile oggi negare l'impatto decisivo che le grandi rivoluzioni scientifiche occorse tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento hanno prodotto sulla nostra attuale qualità della vita[...]”. Pensiamo infatti a cosa hanno significato per la storia dell'industria invenzioni come il motore a vapore, la navetta volante di Kay o il filatoio di Wyatt e Paul. Eppure per la loro applicazione e affermazione ci è voluto del tempo.
Oggigiorno, quando sentiamo parlare di tagli, una delle prime parole che ci viene alla mente è proprio <<ricerca>>, settore su cui cade l'accetta con molta facilità. Per carità, non cadiamo nella facile demagogia: la ricerca è importantissima, ma per sostenerla servono fondi e una finanza sana. Tuttavia a questa realtà ineludibile bisogna accostargli un'altra importante realtà: i tagli alla ricerca non sono semplici tagli alla spesa corrente, ma bensì tagli ad un investimento chiamato futuro. Non bisogna mai sentirsi arrivati, perché non c'è un punto in cui si taglia il traguardo, a meno che non si parli in senso escatologico.
Insomma: non esiste l'invenzione ultima. È illuminante il ragionamento del direttore Heuer, il quale scrive che “ogni tecnologia ha un periodo di crescita temporalmente limitato, che la porta inevitabilmente a una saturazione, condannando dapprima allo stallo e poi al declino una società che non ricerchi costantemente i cambiamenti di paradigma e l'innovazione. Per dirla in maniera semplice: se siete capaci a fabbricare candele, farete candele sempre più sofisticate, ma non sarete mai in grado di concepire una lampadina elettrica. Tra la candela e la lampadina c'è un cambiamento di paradigma, nel caso specifico la teoria dell'elettromagnetismo.”
Il mondo è in continuo divenire; e se una civiltà perde il valore della ricerca, che la fa avanzare insieme al mondo, è destinata a essere sorpassata, a decadere. Invece la curiosità, la sete di conoscenza, accompagnate da un buon metodo di ricerca, sono fondamentali per il futuro. Per un avvenire migliore basterebbe ricordarsi più spesso di Dante: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.