Al processo di industrializzazione nato in Europa hanno concorso vari fattori, ed il mercantilismo, nonostante certi aspetti contraddittori, è uno di questi. Lo stato si arrogò il diritto d'iniziativa, modellando l'economia secondo i propri fini, e la teoria andava sviluppandosi in corso d'opera.
David S. Landes, professore di storia alla Harvad University, ha scritto che “[...] la dottrina mercantilista era informe, incoerente, giacché rifletteva la politica almeno nella stessa misura in cui la guidava; e ciascuno stato faceva con la propria economia quel che le circostanze richiedevano, il sapere (o l'ignoranza) suggerivano e i mezzi permettevano. In breve, il mercantilismo era un pragmatismo abbellito da principi.
Tuttavia il mercantilismo fu qualcosa di più che una mera razionalizzazione a posteriori; proprio perché era pragmatico, perché mirava ai risultati, esso racchiudeva in sé i germi della scienza del comportamento umano” (“Prometeo liberato. La rivoluzione industriale in Europa dal 1750 ai giorni nostri”).
Infatti i metodi del mercantilismo erano analoghi a quelli delle scienze naturali: il ragionamento induttivo, l'analisi sistematica dei fatti, il tentavo di dare sempre una spiegazione economica.
Non era inusuale che uno scienziato della natura si interessasse anche di questioni sociali: per esempio Newton, nella sua lettera a Francis Aston del 1669, come consigli utili per i viaggiatori scrisse di osservare la politica, la ricchezza e gli affari di stato delle nazioni; di analizzare le tasse su persone, traffici o merci; imparare le loro leggi e i loro costumi; di confrontare le loro arti e i loro mestieri con quelli inglesi.
Questo non significa che il mercantilismo abbia favorito sempre e comunque lo sviluppo, anzi in molti casi esso fallì miseramente. Esso tuttavia promosse un flusso di conoscenze nonostante le circostanze nelle quali era sorto. Come ha ben scritto D. Landes nel libro già citato: “[...] fondandosi sulla stessa base conoscitiva della scienza naturale, accettando il criterio dei risultati, il mercantilismo fornì lo stimolo iniziale alla raccolta delle statistiche economiche e sociali e fu insomma il capostipite di tutte le teorie economiche, dal laissez-faire al socialismo”.
Proprio per questa sua natura che avvantaggiava l'innovazione, il mercantilismo fu un fattore che favorì le condizioni per l'industrializzazione.
Tuttavia il mercantilismo fu qualcosa di più che una mera razionalizzazione a posteriori; proprio perché era pragmatico, perché mirava ai risultati, esso racchiudeva in sé i germi della scienza del comportamento umano” (“Prometeo liberato. La rivoluzione industriale in Europa dal 1750 ai giorni nostri”).
Infatti i metodi del mercantilismo erano analoghi a quelli delle scienze naturali: il ragionamento induttivo, l'analisi sistematica dei fatti, il tentavo di dare sempre una spiegazione economica.
Non era inusuale che uno scienziato della natura si interessasse anche di questioni sociali: per esempio Newton, nella sua lettera a Francis Aston del 1669, come consigli utili per i viaggiatori scrisse di osservare la politica, la ricchezza e gli affari di stato delle nazioni; di analizzare le tasse su persone, traffici o merci; imparare le loro leggi e i loro costumi; di confrontare le loro arti e i loro mestieri con quelli inglesi.
Questo non significa che il mercantilismo abbia favorito sempre e comunque lo sviluppo, anzi in molti casi esso fallì miseramente. Esso tuttavia promosse un flusso di conoscenze nonostante le circostanze nelle quali era sorto. Come ha ben scritto D. Landes nel libro già citato: “[...] fondandosi sulla stessa base conoscitiva della scienza naturale, accettando il criterio dei risultati, il mercantilismo fornì lo stimolo iniziale alla raccolta delle statistiche economiche e sociali e fu insomma il capostipite di tutte le teorie economiche, dal laissez-faire al socialismo”.
Proprio per questa sua natura che avvantaggiava l'innovazione, il mercantilismo fu un fattore che favorì le condizioni per l'industrializzazione.