A causa dei limiti delle fonti vi sono teorie contrastanti in merito agli interventi degli imperatori in campo economico. Alcuni studiosi sostengono che in alcuni settori prevalesse la cultura del laissez-faire, mentre in altri fosse sviluppato il dirigismo. Gli imperatori certamente desideravano tenere il popolo romano in condizioni di vita lontane dal bisogno per assicurare una pace sociale; pensiamo ai servizi dell'annona a Roma.
In nome della tranquillità della società il potere imperiale non si faceva remore nell'intervenire direttamente con provvedimenti di forte dirigismo: per garantire i rifornimenti ad Atene ed evitare la speculazione, l'imperatore Adriano emanò in Attica una regolamentazione specifica del commercio dell'olio di oliva. Alla città greca fu garantita una rendita, ma fu vietata l'esportazione di un terzo dell'olio prodotto.
Quando scoppiavano crisi di dimensioni rilevanti il potere imperiale diveniva generalmente più dirigista di quanto non fosse in precedenza. Basti pensare ad Augusto che cercò di contrastare l'usura e l'eccessivo indebitamento dei privati.
Nel 33, l'imperatore Tiberio, per evitare che taluni proprietari indebitati oltre ogni limite (per altro a causa di provvedimenti maldestri pensati a loro vantaggio) andassero in fallimento, erogò un prestito di 100 milioni di sesterzi senza interesse.
Nell'impero non mancarono iniziative di natura protezionista, per esempio l'editto di Domiziano sulle vigne, che vietava di estenderle ulteriormente nella penisola italica e obbligava all'estirpazione del 50% dei vigneti provinciali. Questo probabilmente era un editto volto a creare una specializzazione di economie agrarie.
Insomma gli imperatori non si ponevano problemi nell'intervenire pesantemente nella vita economica; ma poiché l'efficacia di un provvedimento economico non è direttamente proporzionale ai desideri di chi lo emana, gli imperatori spesso videro conseguenze opposte a quelle desiderate.
Quando scoppiavano crisi di dimensioni rilevanti il potere imperiale diveniva generalmente più dirigista di quanto non fosse in precedenza. Basti pensare ad Augusto che cercò di contrastare l'usura e l'eccessivo indebitamento dei privati.
Nel 33, l'imperatore Tiberio, per evitare che taluni proprietari indebitati oltre ogni limite (per altro a causa di provvedimenti maldestri pensati a loro vantaggio) andassero in fallimento, erogò un prestito di 100 milioni di sesterzi senza interesse.
Nell'impero non mancarono iniziative di natura protezionista, per esempio l'editto di Domiziano sulle vigne, che vietava di estenderle ulteriormente nella penisola italica e obbligava all'estirpazione del 50% dei vigneti provinciali. Questo probabilmente era un editto volto a creare una specializzazione di economie agrarie.
Insomma gli imperatori non si ponevano problemi nell'intervenire pesantemente nella vita economica; ma poiché l'efficacia di un provvedimento economico non è direttamente proporzionale ai desideri di chi lo emana, gli imperatori spesso videro conseguenze opposte a quelle desiderate.