Le risorse complessive per le politiche di sviluppo e coesione (stanziate dal governo e dall’Unione Europea) corrispondo a circa 100 miliardi. Una cifra reboante, a maggior ragione se si pensa che si faticano a trovare coperture molto più basse per interventi di natura fiscale; ma veniamo nel dettaglio: sono risorse che coprono un arco di tempo che va dal 2014 al 2020. Una media di circa 16 miliardi e mezzo per anno.
Il contributo europeo è di 30 miliardi di euro così ripartiti: 7 per le regioni più sviluppate, 1 per le regioni in transizione e 20 per le regioni più in difficoltà.
Nella recente e discussa legge di stabilità il cofinanziamento nazionale verte sul Fondo di Stabilità e Coesione (circa 54 miliardi totali).
Il contributo europeo è di 30 miliardi di euro così ripartiti: 7 per le regioni più sviluppate, 1 per le regioni in transizione e 20 per le regioni più in difficoltà.
Nella recente e discussa legge di stabilità il cofinanziamento nazionale verte sul Fondo di Stabilità e Coesione (circa 54 miliardi totali).
“Il fine dell'utilizzo di tali risorse secondo il governo deve essere "da un lato continuare nell’azione di potenziamento e miglioramento dei contesti regionali; dall’altro assicurare un sostegno, strutturale e non congiunturale, ai processi di rafforzamento delle imprese, di incremento dell’occupazione, di miglioramento del tessuto sociale dopo la grande crisi.”
Questi buoni propositi troveranno effettiva attuazione? Se guardiamo all’esperienza odierna non si può essere troppo ottimisti: la maggior parte dei fondi europei non vengono utilizzati in tempo da regioni ed enti locali, così l’Europa chiude i rubinetti. Oppure può accadere che qualora vengano usati, l’utilizzo sia pessimo: si è arrivati a finanziare un concerto con contributi UE!
Il governo dice di voler puntare in primis sulle infrastrutture, per questo il Fondo di Stabilità e Coesione è stato convogliato soprattutto su trasporti e ambiente.
Non mancano interventi sulle città al fine di promuovere forme di mobilità sostenibile, l’efficienza e il risparmio energetico, l’economia digitale e l’inclusione sociale.
Presenti misure per il Mezzogiorno volte a evitare l’isolamento delle programmazioni regionali per definire invece in comune i temi del lavoro: agricoltura, agroindustria, turismo, manifatturiero.
Lo schema d’intervento per l’Italia tutta è quello giusto (nelle linee guida): “i processi innovativi delle imprese, in particolare di minore dimensione, e di ampliamento della capacità produttiva, materiale e immateriale; l’assunzione a tempo indeterminato nelle imprese di giovani ad alta qualifica, come fondamentale elemento di un rafforzamento strutturale delle aziende; la riduzione del cuneo fiscale attraverso misure di decontribuzione attive su un periodo prolungato di tempo e coerenti con gli interventi già in corso; schemi di contrasto alla povertà attraverso l’inclusione attiva.”
Bisogna però evitare di abbassare la guardia sulla traduzione di questi obiettivi in realtà concrete.
Uno dei fattori più importanti, se non il più importante, è la riduzione del cuneo fiscale. Un primo passo in questa direzione è affrontato nella Legge di Stabilità, anche se Squinzi (Confindustria) lo reputa troppo timido. La palla ora passa al parlamento. Se questo “timido passo” diventasse più deciso, sarebbe un buon risultato.
G. Brigatti
Questi buoni propositi troveranno effettiva attuazione? Se guardiamo all’esperienza odierna non si può essere troppo ottimisti: la maggior parte dei fondi europei non vengono utilizzati in tempo da regioni ed enti locali, così l’Europa chiude i rubinetti. Oppure può accadere che qualora vengano usati, l’utilizzo sia pessimo: si è arrivati a finanziare un concerto con contributi UE!
Il governo dice di voler puntare in primis sulle infrastrutture, per questo il Fondo di Stabilità e Coesione è stato convogliato soprattutto su trasporti e ambiente.
Non mancano interventi sulle città al fine di promuovere forme di mobilità sostenibile, l’efficienza e il risparmio energetico, l’economia digitale e l’inclusione sociale.
Presenti misure per il Mezzogiorno volte a evitare l’isolamento delle programmazioni regionali per definire invece in comune i temi del lavoro: agricoltura, agroindustria, turismo, manifatturiero.
Lo schema d’intervento per l’Italia tutta è quello giusto (nelle linee guida): “i processi innovativi delle imprese, in particolare di minore dimensione, e di ampliamento della capacità produttiva, materiale e immateriale; l’assunzione a tempo indeterminato nelle imprese di giovani ad alta qualifica, come fondamentale elemento di un rafforzamento strutturale delle aziende; la riduzione del cuneo fiscale attraverso misure di decontribuzione attive su un periodo prolungato di tempo e coerenti con gli interventi già in corso; schemi di contrasto alla povertà attraverso l’inclusione attiva.”
Bisogna però evitare di abbassare la guardia sulla traduzione di questi obiettivi in realtà concrete.
Uno dei fattori più importanti, se non il più importante, è la riduzione del cuneo fiscale. Un primo passo in questa direzione è affrontato nella Legge di Stabilità, anche se Squinzi (Confindustria) lo reputa troppo timido. La palla ora passa al parlamento. Se questo “timido passo” diventasse più deciso, sarebbe un buon risultato.
G. Brigatti