La Bank of Japan ha di recente annunciato la sua nuova politica economica tesa a stimolare la crescita attraverso l'aumento di acquisti di titoli di Stato mensili, senza limiti sulla scadenza dei bond (più acquisti di altri strumenti finanziari come Etf e Reit). Un effetto positivo è certamente la depressione dello yen che favorisce in tal modo la fuoriuscita dalla deflazione che da 15 anni caratterizza l'economia giapponese.
Tuttavia il mondo dell'economia si è già diviso tra fautori e detrattori di tale politica in un paese in cui il rapporto tra debito pubblico e pil sfonda la quota 230%. Secondo alcuni questo atteggiamento potrebbe addirittura innescare una “guerra delle valute”
La BOJ comunque incassa l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale; Christine Lagarde ha dichiarato di vedere positivamente questo stimolo monetario perché potrebbe stimolare la ripresa di un'economia avanzata come quella giapponese e, conseguentemente, favorire la crescita globale. Lagarde ha tuttavia ammonito le banche centrali che intendono perseguire tale politica di preparare un piano di rientro dal sostegno monetario: un troppo forte aumento del credito rischia infatti di aumentare squilibri finanziari.
Moody's invece sottolinea il fatto che le misure decise della banca centrale nipponica non risolvono comunque i problemi strutturali dell'economia. Il Giappone potrebbe non ottenere abbastanza benefici dal calo degli interessi dei titoli di Stato, trovandosi così costretto a dover pagare un dazio troppo alto nel lungo termine (quando i tassi reali potrebbero schizzare all'insù). Quest'ultimo è proprio il grande rischio ricordato da George Soros.
Col tempo scopriremo chi ha ragione e chi torto. Al momento viene in mente l'indovinello che gira tra molti economisti, ricordato da L. Zingales in un suo articolo: “Sai qual è la differenza tra il Giappone e la Grecia?”. La risposta è, purtroppo, “tre anni”.
G. Brigatti
La BOJ comunque incassa l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale; Christine Lagarde ha dichiarato di vedere positivamente questo stimolo monetario perché potrebbe stimolare la ripresa di un'economia avanzata come quella giapponese e, conseguentemente, favorire la crescita globale. Lagarde ha tuttavia ammonito le banche centrali che intendono perseguire tale politica di preparare un piano di rientro dal sostegno monetario: un troppo forte aumento del credito rischia infatti di aumentare squilibri finanziari.
Moody's invece sottolinea il fatto che le misure decise della banca centrale nipponica non risolvono comunque i problemi strutturali dell'economia. Il Giappone potrebbe non ottenere abbastanza benefici dal calo degli interessi dei titoli di Stato, trovandosi così costretto a dover pagare un dazio troppo alto nel lungo termine (quando i tassi reali potrebbero schizzare all'insù). Quest'ultimo è proprio il grande rischio ricordato da George Soros.
Col tempo scopriremo chi ha ragione e chi torto. Al momento viene in mente l'indovinello che gira tra molti economisti, ricordato da L. Zingales in un suo articolo: “Sai qual è la differenza tra il Giappone e la Grecia?”. La risposta è, purtroppo, “tre anni”.
G. Brigatti