Quest'anno il festival dell'economia di Trento, che si tiene dal 30 maggio al 2 giugno, titola: Sovranità in conflitto. Le questioni su cui si dovrà dibattere sono di fondamentale importanza, e tutt'altro che di facile soluzione: pensiamo al processo di integrazione che sta investendo l'Europa. Le dinamiche e gli scopi non sono affatto scontati: perché è necessaria un'unione monetaria? Fino a dove è possibile coordinare aree di politica economica? Qual'è il livello ottimale per integrare la politica economica tra gruppi di Paesi? Quali cessioni di sovranità bisogna attuare per costruire un'unione politico-economica che funzioni?
Una nube scura di anti-europeismo si sta addensando sopra il continente; Al festival dell'economia bisognerà ribadire il senso dell'Europa unita, nonostante la crisi, anzi a maggior ragione per via della crisi.
Nella riflessione dell'economista Tito Boeri viene ricordato come è stata la realtà a spingere sempre di più verso un processo di integrazione: “Governi nazionali sono dovuti intervenire per salvare istituzioni finanziarie che erano fino a 10 volte più grandi di loro. Hanno scoperto, loro malgrado, che l'unico modo per affrontare il problema era quello di gestire la crisi (e gli aiuti) assieme ad altri paesi, rinunciando a un pezzo della loro sovranità per magari non perderla del tutto, travolti dal fallimento di istituzioni molto più grandi di loro e che non potevano lasciar fallire senza fallire essi stessi”.
Molto bella e azzeccata è l'immagine che usa per spiegare l'unione monetaria: “ è nata come scelta volontaria e cosciente di governi sovrani, di privarsi di autorità nella conduzione della politica monetaria. Come Ulisse si era fatto legare le mani all'albero maestro per resistere al richiamo delle sirene, così i governi hanno voluto privarsi della possibilità di decidere in proprio”.
Insomma, si cede sovranità nazionale per guadagnare un nuovo livello di governo che possa affrontare meglio determinati problemi: l'Europa unita ha senso se può dare risposte ai cittadini europei meglio di quanto non potrebbero fare i singoli stati separatamente.
Boeri risponde anche ai profeti di sventura continentali: “Sostengono che così finiremmo di essere schiavi dello spread e potremmo finalmente svalutare per diventare più competitivi e per tornare a crescere. Non dicono che così lo spread tenderebbe all'infinito perché il ripudio del debito inevitabilmente associato all'uscita dall'euro e alla svalutazione porterebbe alla fuga di capitali e non avremmo più nessuno al di fuori del nostro paese disposto a comprare i nostri titoli di stato.”
Se ognuno si rinchiudesse dentro il proprio orto per tentare di tutelarlo il risultato sarebbe che, dopo un po' di tempo, nessuno avrebbe più nessun terreno coltivabile.
Certo: una volta che si decide di dare vita a un “grande orto” che possa guardare con speranza al futuro, bisogna farlo nella maniera giusta. L'Europa così come è oggi non va: ma la soluzione non è tornare indietro agli egoismo nazionali, ma fare una vera unione politica, efficiente e solidale europea.
Guardiamo alla storia: dopo l'indipendenza dall'Inghilterra, gli stati americani erano disuniti e pieni di debiti. Un visionario come Hamilton capì subito cosa bisognava fare: mutualizzare il debito e fare un governo federale, perché il bivio consisteva nel crescere insieme o morire da soli. Oggi gli Stati Uniti sono la potenza mondiale per antonomasia.
L'Europa, che è una realtà per molti versi differente da quella americana, si trova a dover affrontare decisioni analoghe. L'Europa tedesca non può funzionare, l'Europa dei governi nemmeno: serve, bensì, il governo europeo.
G. Brigatti
Nella riflessione dell'economista Tito Boeri viene ricordato come è stata la realtà a spingere sempre di più verso un processo di integrazione: “Governi nazionali sono dovuti intervenire per salvare istituzioni finanziarie che erano fino a 10 volte più grandi di loro. Hanno scoperto, loro malgrado, che l'unico modo per affrontare il problema era quello di gestire la crisi (e gli aiuti) assieme ad altri paesi, rinunciando a un pezzo della loro sovranità per magari non perderla del tutto, travolti dal fallimento di istituzioni molto più grandi di loro e che non potevano lasciar fallire senza fallire essi stessi”.
Molto bella e azzeccata è l'immagine che usa per spiegare l'unione monetaria: “ è nata come scelta volontaria e cosciente di governi sovrani, di privarsi di autorità nella conduzione della politica monetaria. Come Ulisse si era fatto legare le mani all'albero maestro per resistere al richiamo delle sirene, così i governi hanno voluto privarsi della possibilità di decidere in proprio”.
Insomma, si cede sovranità nazionale per guadagnare un nuovo livello di governo che possa affrontare meglio determinati problemi: l'Europa unita ha senso se può dare risposte ai cittadini europei meglio di quanto non potrebbero fare i singoli stati separatamente.
Boeri risponde anche ai profeti di sventura continentali: “Sostengono che così finiremmo di essere schiavi dello spread e potremmo finalmente svalutare per diventare più competitivi e per tornare a crescere. Non dicono che così lo spread tenderebbe all'infinito perché il ripudio del debito inevitabilmente associato all'uscita dall'euro e alla svalutazione porterebbe alla fuga di capitali e non avremmo più nessuno al di fuori del nostro paese disposto a comprare i nostri titoli di stato.”
Se ognuno si rinchiudesse dentro il proprio orto per tentare di tutelarlo il risultato sarebbe che, dopo un po' di tempo, nessuno avrebbe più nessun terreno coltivabile.
Certo: una volta che si decide di dare vita a un “grande orto” che possa guardare con speranza al futuro, bisogna farlo nella maniera giusta. L'Europa così come è oggi non va: ma la soluzione non è tornare indietro agli egoismo nazionali, ma fare una vera unione politica, efficiente e solidale europea.
Guardiamo alla storia: dopo l'indipendenza dall'Inghilterra, gli stati americani erano disuniti e pieni di debiti. Un visionario come Hamilton capì subito cosa bisognava fare: mutualizzare il debito e fare un governo federale, perché il bivio consisteva nel crescere insieme o morire da soli. Oggi gli Stati Uniti sono la potenza mondiale per antonomasia.
L'Europa, che è una realtà per molti versi differente da quella americana, si trova a dover affrontare decisioni analoghe. L'Europa tedesca non può funzionare, l'Europa dei governi nemmeno: serve, bensì, il governo europeo.
G. Brigatti