A Bologna si è preparato un referendum consultivo che si terrà il 26 maggio. La questione dibattuta è sugli aiuti comunali alle scuole d'infanzia paritarie.
Alla luce di un'obiettiva analisi della situazione, risultano profondamente ideologiche le motivazioni dei promotori del referendum, che hanno incassato anche l'appogio di Rodotà (il candidato Presidente della Repubblica di Grillo).
Per chiarire quanto stia accadendo è utile la spiegazione di Sebastiano Pantaleoni.
Alla luce di un'obiettiva analisi della situazione, risultano profondamente ideologiche le motivazioni dei promotori del referendum, che hanno incassato anche l'appogio di Rodotà (il candidato Presidente della Repubblica di Grillo).
Per chiarire quanto stia accadendo è utile la spiegazione di Sebastiano Pantaleoni.
"Il 26 maggio i residenti nel Comune di Bologna saranno chiamati ad esprimersi su un Referendum consultivo per l'abrogazione dei contributi comunali alle scuole dell'infanzia paritarie a gestione privata.
E come accade solitamente, in virtù di un consolidato vizio italico, la questione trascende dalle proprie specificità e assume connotati ideologici, spostandone l'interesse da locale a nazionale, diventando campo di battaglia per testare nuove forme di alleanza ( M5S - SEL) o prova di forza tra anime contrapposte di un partito in cerca di guida e di nuovi equilibri
( Pd ).
Il tutto ovviamente a scapito degli interessi dei contribuenti e dei diritti dei cittadini, cosa ancora più grave in un contesto nel quale si discute del diritto all'educazione dei nostri figli. Anche in questo caso come spesso accade e come ci racconta A. Polito, editorialista del CorSera in un suo intervento "il pensiero dei promotori del referendum e' viziato da un grande pregiudizio ideologico che confonde la laicità con la discriminazione, per cui dovrebbe essere prerogativa dello Stato fornire il servizio educativo scolastico, mentre è prerogativa dei genitori scegliere a chi delegare l'istruzione dei propri figli."
Ma concentriamoci sui fatti. Il Comune di Bologna destina 35 milioni di euro alle scuole d'infanzia comunali, 665.000 euro alle scuole d'infanzia statali e 1.055.500 di euro alle scuole d'infanzia paritarie, trasferendo pertanto a queste ultime il 2,8% delle proprie risorse mentre queste accolgono il 21% dei bambini bolognesi. Per ognuno dei 5137 bambini che trovano posto nelle scuole d'infanzia comunali il costo per le casse comunali e' di 6900 euro, di 445 euro per ogni bambino che frequenta le scuole d'infanzia statale ( il restante e' a carico dello Stato ), e di 600 euro per ognuno dei 1736 bambini che frequentano le scuole d'infanzia paritaria ( il restante e' a carico delle famiglie ).
E quindi? Perché questo referendum? Non in nome della laicità dello Stato, in quanto le scuole paritarie sono sia laiche che religiose, e neppure per difendere il principio costituzionale della Scuola pubblica visto che la scuola e' pubblica indipendentemente dal soggetto che eroga il servizio. Forse perché se quel milione di euro fosse destinato alle scuole comunali avremmo un servizio migliore? Anche questa ipotesi e' smentita dai fatti, in questo caso infatti il comune riuscirebbe a creare e gestire solo 170 nuovi posti negando a 1580 famiglie la possibilità di accedere alle scuole paritarie con retta agevolata, creando così un'ulteriore discriminazione, rendendo la scuola privata accessibile solo alle famiglie più abbienti.
In conclusione, sebbene il referendum sia solo consultivo, speriamo che i cittadini bolognesi, sempre attenti ai contenuti, focalizzino la propria attenzione sui dati reali, salvaguardando questo esempio di sussidiarietà introdotto dalla Legge n.62 del 10 marzo 2000, che rappresenta una modalità virtuosa, seppure ancora parziale ed insufficiente, di utilizzare le risorse della collettività.
La speranza infine è che lo strumento del Referendum torni ad essere utilizzato, in ambito locale e nazionale, per il proprio scopo originario magari a fronte di alcune modifiche per renderlo più efficace, pensando alla riduzione del quorum e delle firme per la presentazione e all'introduzione del referendum propositivo."
(l'articolo è apparso sul sito www.italiafutura.it)
E come accade solitamente, in virtù di un consolidato vizio italico, la questione trascende dalle proprie specificità e assume connotati ideologici, spostandone l'interesse da locale a nazionale, diventando campo di battaglia per testare nuove forme di alleanza ( M5S - SEL) o prova di forza tra anime contrapposte di un partito in cerca di guida e di nuovi equilibri
( Pd ).
Il tutto ovviamente a scapito degli interessi dei contribuenti e dei diritti dei cittadini, cosa ancora più grave in un contesto nel quale si discute del diritto all'educazione dei nostri figli. Anche in questo caso come spesso accade e come ci racconta A. Polito, editorialista del CorSera in un suo intervento "il pensiero dei promotori del referendum e' viziato da un grande pregiudizio ideologico che confonde la laicità con la discriminazione, per cui dovrebbe essere prerogativa dello Stato fornire il servizio educativo scolastico, mentre è prerogativa dei genitori scegliere a chi delegare l'istruzione dei propri figli."
Ma concentriamoci sui fatti. Il Comune di Bologna destina 35 milioni di euro alle scuole d'infanzia comunali, 665.000 euro alle scuole d'infanzia statali e 1.055.500 di euro alle scuole d'infanzia paritarie, trasferendo pertanto a queste ultime il 2,8% delle proprie risorse mentre queste accolgono il 21% dei bambini bolognesi. Per ognuno dei 5137 bambini che trovano posto nelle scuole d'infanzia comunali il costo per le casse comunali e' di 6900 euro, di 445 euro per ogni bambino che frequenta le scuole d'infanzia statale ( il restante e' a carico dello Stato ), e di 600 euro per ognuno dei 1736 bambini che frequentano le scuole d'infanzia paritaria ( il restante e' a carico delle famiglie ).
E quindi? Perché questo referendum? Non in nome della laicità dello Stato, in quanto le scuole paritarie sono sia laiche che religiose, e neppure per difendere il principio costituzionale della Scuola pubblica visto che la scuola e' pubblica indipendentemente dal soggetto che eroga il servizio. Forse perché se quel milione di euro fosse destinato alle scuole comunali avremmo un servizio migliore? Anche questa ipotesi e' smentita dai fatti, in questo caso infatti il comune riuscirebbe a creare e gestire solo 170 nuovi posti negando a 1580 famiglie la possibilità di accedere alle scuole paritarie con retta agevolata, creando così un'ulteriore discriminazione, rendendo la scuola privata accessibile solo alle famiglie più abbienti.
In conclusione, sebbene il referendum sia solo consultivo, speriamo che i cittadini bolognesi, sempre attenti ai contenuti, focalizzino la propria attenzione sui dati reali, salvaguardando questo esempio di sussidiarietà introdotto dalla Legge n.62 del 10 marzo 2000, che rappresenta una modalità virtuosa, seppure ancora parziale ed insufficiente, di utilizzare le risorse della collettività.
La speranza infine è che lo strumento del Referendum torni ad essere utilizzato, in ambito locale e nazionale, per il proprio scopo originario magari a fronte di alcune modifiche per renderlo più efficace, pensando alla riduzione del quorum e delle firme per la presentazione e all'introduzione del referendum propositivo."
(l'articolo è apparso sul sito www.italiafutura.it)